Dai monocromi dei marmi statuari dei Mouseia della Villa Adriana all’ambiente delle cave esauste di travertino, fino alle Acque Albule che con il loro biancore sembrano caratterizzare un paesaggio millenario nelle istanze della contemporaneità.
Organizzata dall’Istituto Autonomo Villa Adriana e Villa d’Este – VILLÆ e curata da Andrea Bruciati, direttore dell’Istituto, l’esposizione racconta come il bianco sia stato capace di ergersi a superficie per un nuovo alfabeto, tanto da arrivare ad acquisire una completa autonomia ed essere considerato opera d’arte tout court.
Storicamente legato a significati simbolici spesso ambivalenti – pulizia, purezza e religiosità, ma anche lutto, morte e malvagità –, nel XX secolo, permeato dal dibattito sulle teorie del colore, il bianco conquista il concetto di monocromo emergendo come vera e propria cifra connotativa. Grado zero del colore e del gesto creativo, grazie a nomi quali Lucio Fontana, Piero Manzoni e Alberto Burri, diventa il manifesto di nuove riflessioni artistiche, in particolare nel panorama italiano.
Il percorso espositivo, con opere di Stefano Arienti, Gianfranco Baruchello, Mirella Bentivoglio, Carlo Benvenuto, Alighiero Boetti, Agostino Bonalumi, James Lee Byars, Vanessa Beecroft, Antonio Calderara, Pier Paolo Calzolari, Giuseppe Capogrossi, Enrico Castellani, Mario Ceroli, Mario Dellavedova, Lucio Fontana, Mario Giacomelli, Alberto Giacometti, Francesco Lo Savio, Piero Manzoni, Marino Marini, Fausto Melotti, Bruno Munari, Gastone Novelli, Gina Pane, Giulio Paolini, Emilio Prini, Angelo Savelli, Arcangelo Sassolino, Sissi e Kiki Smith, circoscrive la sua indagine alla costante presenza e variazione del concetto di bianco, aprendo un campo di riflessione sulla pittura e il suo destino.