Dice un vecchio detto: “a San Martino castagne e vino” e la Festa del Cornuto è un vero tributo a queste delizie d’autunno, condito da una satira pungente ispirata a proverbi e leggende locali
Nel weekend a ridosso dell’11 novembre a Rocca Canterano c’è un clima di scanzonata allegria: le “role” (castagne) arrostiscono sulla “rostera” in rete metallica, che gira lentamente sul fuoco scoppiettante, e nelle piazze si servono i “cecamariti” (pasta locale fatta a mano), gli arrosticini e del buon vino novello. La serata del sabato è animata dal corteo burlesco i cui fili conduttori sono il rosso e le corna. La parata si apre con un gigantesco paio di corna issate su una macchina processionale. Seguono il “cornuto dell’anno”, a cavallo di un asino simbolo dell’ingenuità; il poeta, portato a spalla su un trono mentre declama versi in onore di san Martino; e una folla vociante di figuranti che indossano un saio rosso e un elmo con le corna.
La Festa è un omaggio goliardico a san Martino che strizza l’occhio alla tradizione prendendo spunto dall’antico calendario dei lavori agricoli. Proprio in questo periodo era appena terminata la raccolta delle castagne, il mosto aveva finito di bollire e, fiasco alla mano, si girava per le cantine dei compaesani per fargli assaggiare il vino novello; ma è anche un modo sarcastico per esorcizzare il timore atavico di essere traditi combinando leggende locali come quella che lo vede ingannato dalla sorella che consumò l’amore col suo spasimante senza che san Martino se ne accorgesse (tanto che un detto roccatano recita: Più sorelle hai, più “corna” porti); vecchie usanze (quella sera gli scapoli giravano per le strade attaccando fiocchi rossi sulle porte dei più ingenui) e rievocazione storica (san Martino era il protettore dei guerrieri longobardi che portavano l’elmo con le corna).