In epoca preromana la Val d’Aniene era abitata dal popolo degli equi. Sono ancora poche le testimonianze di questa civiltà ma un antico cippo, trovato sul Colle palatino a Roma, racconta di uno dei loro re, Ferter Resius, e di come lui abbia disciplinato lo Ius Fetiale, le modalità con cui nell’antichità si gestivano le dichiarazioni di guerra e i trattati di pace, principi che sono poi rimasti alla base dell’ordinamento giuridico romano.
Di re Ferter oggi sopravvive solo il nome. Si pensa che sia vissuto quasi 3000 anni fa (intorno al VII sec. a.C.), ma non sappiamo che aspetto avesse avuto, tuttavia ci piace immaginarlo forte, fiero e giusto con la sua spada decorata e la tunica; come si vede nella ricostruzione di un guerriero equo nel Museo delle Culture di Riofreddo in cui sono esposti anche diversi cimeli ritrovati nella vicina necropoli di Casal Civitella.
Le ricerche archeologiche fanno pensare che gli equi siano stati un popolo di ceppo osco-umbro, derivante dai Safini, che si stanziò tra la Val d’Aniene e il Fucino intorno al XII sec. a. C.
Avevano una cultura semplice ma raffinata con frequenti scambi con le popolazioni confinanti, che grandi storici romani, quali Tacito e Cicerone, descrivono come valorosi guerrieri e “gens magna”.
Il loro stesso nome, “aequi”, sembra sia stato dato loro proprio dai romani in riconoscimento dei loro valori di giustizia e obiettività. Ancora oggi usiamo la parola “equo” per indicare una persona giusta che sa valutare con obiettività.
Si pensa che l’imponente Arco di Trevi nel Lazio sia stato una sorta di confine tra il territorio degli Equi e quello degli Ernici. Resti di mura poligonali eque si trovano in molti borghi della Val d’Aniene, tra le più interessanti ci sono quelle di Bellegra, l’antica Vitellia, e i numerosi basamenti degli oppida (villaggi fortificati) che si possono visitare nei dintorni di Ciciliano.