Sant’Eustachio e il cervo della Mentorella


Un giorno mentre era a caccia Placido, un generale romano, vide un magnifico cervo.
Deciso a non farselo scappare lo inseguì per ore finché il cervo si fermò su una rupe a strapiombo, si voltò verso di lui e al centro del grande palco di corna, mostrò un crocefisso sfavillante che gli disse: «Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere».
Colpito dall’evento, Placido decise di convertirsi prendendo il nome di Eustachio; poi lasciò l’esercito ed emigrò in Egitto dove perse tutti i suoi beni. Durante le Campagne d’Oriente fu richiamato da Traiano e quando tornò a Roma vittorioso, Adriano, il nuovo imperatore, lo accolse con tutti gli onori e lo invitò a ringraziare gli dei. Il generale rifiutò e Adriano, preso dall’ira, ordinò di darlo in pasto ai leoni insieme alla sua famiglia. Gli animali però chinarono la testa e si allontanarono. Furono allora rinchiusi in un toro di bronzo infuocato: morirono all'istante, ma i loro corpi rimasero intatti.
Non si sa se sant’Eustachio sia vissuto realmente, ma la sua storia è raccontata nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Secondo la tradizione medievale l’imperatore Costantino avrebbe fatto costruire il Santuario della Mentorella sul luogo della visione, e papa Silvestro I lo avrebbe consacrato intorno al 335.
Nella prima metà del Seicento, lo studioso gesuita Athanasius Kircher, traendo spunto da alcune osservazione e da un antico bassorilievo ligneo, ritenne vera la storia; così, dopo secoli di abbandono, fece restaurare il Santuario e, sullo sperone più alto, costruire la cappella di Sant’Eustachio.
La bellezza mistica del luogo affascinò anche papa Karol Wojtyla che veniva molto spesso a camminare quassù, tanto che gli è stato dedicato un bellissimo sentiero.


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