Palazzo Astalli-Theodoli


Splendidi affreschi e un parco all’italiana

Dice la leggenda che nell’antico palazzo nobiliare di Sambuci c’è un fantasma che custodisce un tesoro ma nonostante l’ultima proprietaria l’abbia invocato ogni notte non ha mai voluto dirle dove trovarlo.
Oggi non si crede più alle leggende ma nel Palazzo Astalli-Theodoli, ai piedi dei Monti Ruffi, un tesoro c’è davvero: sono gli affreschi di Giovan Angelo Canini, allievo del Domenichino. Furono commissionati dal cardinale Camillo Astalli quando, a metà del Seicento, lo acquistò e lo trasformò in un palazzo nobiliare con sale che prendono il nome dai soggetti che li decorano.
Troviamo così il Salone della Gerusalemme Liberata, in onore al poema del Tasso; il Salone delle Prospettive che sfoggia paesaggi incorniciati da un colonnato scandito da figure mitologiche e dalle allegorie delle arti; la Sala di Flora in cui, agli angoli del soffitto, sono raffigurati giganti che sostengono medaglioni con Apollo, Marte, ed Ercole; la cappella dedicata all'Arcangelo Michele e infine una sala da bagno con Mosè Salvato dalle Acque. Attribuito a Mario de’ Fiori è, invece, il Salone del Carro del Sole, decorato con le allegorie del giorno e della notte.
Il Palazzo che era conosciuto già nel 1052 come presidio fortificato dell’Abbazia di Subiaco, rivela due corpi di epoche diverse. Nel XII secolo i D’Antiochia, feudatari anche di Anticoli Corrado e Saracinesco, realizzarono torri e contrafforti trasformandolo in una rocca. Nel 1541 passò agli Zambeccari e, nel Seicento, agli Astalli che, oltre a far affrescare le sale interne, aggiunsero la bella loggia barocca e il giardino all’italiana impreziosito da fontane e statue che simboleggiano le quattro stagioni.
Nel Settecento passò ai Piccolomini e, infine, nel 1878 ai Theodoli. Dagli anni Sessanta è proprietà del Comune di Sambuci e il giardino, in cui le siepi di bosso disegnano gli stemmi degli Astalli (tre cerchi) e dei Theodoli (la ruota), è divenuto parco comunale.
Curiosa è la storia delle statue che si trovano agli angoli della rotonda centrale; furono rubate diversi anni fa e ritrovate per caso da un abitante del borgo che le vide esposte da un antiquario romano.

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