Hanno incantato gli artisti del Grand Tour le imponenti arcate degli antichi acquedotti romani che disegnano il paesaggio della Valle Empolitana tra Tivoli e Castel Madama.
In questa zona, non a caso chiamata Arci, convergevano tutti e quattro i grandi Acquedotti Aniensi: l’Anio Vetus (272-270 a.C.); l’Acquedotto Marcio (144-140 a.C.); l’Acquedotto Claudio (38-52 d.C.); e l’Anio Novus (38-52 d.C.).
Questi ultimi due furono iniziati da Caligola e finiti da Claudio. L’Acqua Claudia, captava le sorgenti Curzia e Cerulea di Marano Equo, al XVIII miglio della Via Sublacense; era lungo 68 km, di cui 53 sotterranei, e portava a Roma 184 m³ d’acqua al giorno.
Arrivava nella piana degli Arci seguendo con lo stesso percorso degli altri e aggirava il Monte Sant’Angelo in Arcese per poi proseguire verso l’Urbe.
Le maestose strutture, in blocchi di tufo e opera reticolata, che spiccano nella vallata sono i resti dell’Anio Novus. Aveva la portata maggiore, 196 m³ al giorno, ed era lungo quasi 87 km. Attingeva direttamente dall’Aniene a Subiaco, al XLII miglio della Via Sublacense; in seguito, Traiano fece spostare l’incile nei Simbruina Stagna della Villa di Nerone, dove l’acqua era più limpida.
Nella piana degli Arci, in prossimità del moderno viadotto, l’Anio Novus si divideva: un ramo si dirigeva verso Tivoli seguendo l’odierna Via dei Ruderi Romani (se ne possono ancora vedere le massicce arcate adattate, nei secoli scorsi, a vasche per la spremitura dell’uva); l’altro deviava a Sud forando la collina; oggi ne rimane solo una breve ma maestosa porzione che attraversa la strada. È alta ben 32 metri e oltre all’Anio Novus ingloba anche le condotte dell’Acqua Marcia e dell’Anio Vetus mentre la torretta superiore fu aggiunta nel Medioevo, quando l’arcata inferiore fu trasformata nella storica Porta Adriana.
Altri resti dell’Anio Vetus e dell’Acqua Marcia si possono visitare nell’area archeologica di San Cosimato.